Figli di un destino in una terra
dove germoglia la tirannia
sui cui alberi nascono frutti
stretti gli uni agli altri
come gemme maledette,
solitudini nella moltitudine
quando la scure del buio
disperde i loro giorni
nei giardini della sopravvivenza.

rischiarati dalle lanterne del dolore,
sfiorati dal vento di un ricordo
rivivono in incognito;
ma la memoria non è ancora in pace
perché le lacrime offuscano i suoi occhi
nei lunghi giorni d’inverno
dove l’inchiostro della violenza
scrive pagine di Storia che cancellano
la folla dei dimenticati
scomparsi sotto une tetto di nuvole,
strappati al destino della diversità.

qui non resta che il ricordo
di un pigiama a righe scolpito sulla pelle
di un bambino scomparso nell’ombra dei lager
quando l’infamia brillava negli occhi della morte
fiorita nelle stanze dell’odio.

ma non lontano, nei campi della vita,
c’è il nuovo grano da seminare
nella fertile terra dove non si leva più quell’urlo
il grido lancinante di corpi sterminati,
annientati come insetti fastidiosi.

e dal silenzio di un’alba quelle spighe
ritorneranno a brillare come anime invincibili.
ma c’è un bambino da amare,
quel bimbo che dorme nel suo nido
respirando polvere di sogni tra migliaia di scarpe
che piangono sommerse
dai flutti di un ultimo viaggio travolto
dalle bombe e dalle lacrime,
le lacrime di Samir smarrito
tra le macerie della sua terra.

samir sogna la libertà
nella sua Siria immaginata come un prato stellato
libero dai falchi predatori che negano ad Amina
di guardare il cielo senza più timori,
per tornare ad essere felice,
felice forse, sotto lo stesso cielo dipinto in un diario
nato nella soffitta della speranza
prima che una croce sacrilega
spegnesse le ali di Anna Frank.