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Pubblicata il 30/12/2020
Fra i mattoni incastonati
d’una strada araba,
i passi affondano lenti
ed il tempo timido,
smette di scorrere.

fiatano i passanti, ma
le loro voci risuonano mute
ai miei orecchi sordi.
gli orologi respirano
ed il cemento si liquefa.

subito, affibbiata alle mura
di cemento armato, ch’è
antimonio degli occhi sani,
il guardo mira all’argentea
chiazza che cielo trafigge.

narra d’aver vagliato con
le nubi fosche di Dicembre,
e a loro come a me, incanta
col suo mare splendente,
le terre ramate e l’etere di luce.

il suo nome è Ecate,
il morbo d’ogni sognatore.
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