Tu sola,
da sempre,
del delicato calore
di così tanta tenerezza
il petto mio colmasti,
da pregare per la tua vita
più che per la mia stessa,
ché l'intero mondo per me fosti.

In affettuose speranze
d'un mio futuro prestigioso
per anni ti cullasti,
fin quando
l'evidenza dell'indole mia,
indolente e buffonesca,
a memoria vivente
alla mia stirpe estranea,
al dolce tuo cuore
profonde ferite inferse,

e l'amara, crudele delusione
addolorata sfogasti,
nel mio tripudio
con affettuosa stizza apostrofandomi :

"dormiglione, perdigiorno, vagabondo,
pelandrone, infingardo !".

Ma di poi
dal sorriso delle tue labbra
giammai verso me
aspro fiele sgorgò,

giacché non egoismo od ambizione,
ma sempre intatto
amore del mio bene,
pensieri e parole
in te muoveva.

E, senz'apice,
né curva discendente alcuna,
sempre più, scorrendo gli anni,
in me la sbruffoneria si raffinava,

tantoché,
quieta e assorta
a stuzzicarti mi sbizzarrivo,
esilaranti burle
e grottesche provocazioni
vociando spudorato,
dapprima a stento le risa soffocando,
e al culmine
ebete e ribaldo sghignazzando,

e, al vertice dell'innocua cialtroneria,
la beffa accompagnavo,
la mano,
delicata ed insolente
sul minuto tuo braccio ponendo,

come si costuma
tra avvinazzati compari d'Osteria,
alla propria sproloquiante euforia
l'altrui trasporto sollecitando.

Ma tu, buffa e stizzita,
dall'assecondarmi ben lungi,
la fragile mano,
a guisa di bacchetta brandendo,
l'invadente braccio
signorile castigavi,

sino allo spasimo
la ridanciana scostumatezza alimentando,
con classiche frasi, tipo :
"levami le mani di dosso, villanzone !",

e talvolta, con la forza d'una pulce,
un violento schiaffo sferravi,
dolcissima carezza
sulla roccia del mio volto.

Ay de mi !

Com'è fredda e vuota la vita,
ora che più nessuno,
il quale incondizionatamente,
per quel che sono,
più di se stesso m'ami,
al mondo v'è
il Pulcinella in me
senz'astio a legnare,
come nei baracchini
dei ventriloqui pupari !