Ti spargi sui miei assilli
divorandomi viva.
rinnovi lo scricchiolio
di questo cuore scarno,
così il suo sangue diviene
ambrosia, e scorre.
ricordami con le parole
che ti incisi negli occhi,
come la solfa che più
si fece nome delle nostre
vite, e le salvò dal mare.
rinnegami, calpestami
e poi ricercami fra i tuoi
resti, donna senza nome.
il mio viso è vuoto, non
di delizia unto, scovami
fra i fogli che ardono
nelle macerie dei sogni
che qualcuno ha deperito;
salvali, e innamorati.
vaga fra le sagome nere
che non hanno parole,
ricercami e rimpiangimi.
È l’alba, spogliati
ci sono ancora miei brandelli
incastrati nel tuo sterno.
feriscimi, avrò di cui scrivere
nei più freddi inverni
e con la grandine nel cuore.
il suono è mite, ancora,
e i miei occhi si fanno casa
dei tuoi, vagabondi.
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