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Pubblicata il 28/09/2020
Lei,
in modo un pò facecco,
fancicchiava in chiacchere chiaccerìe,
e sunsula sonsola
si obbinia nella mellamarla,
ma comodamente dermitiviava
con niccole ferce garmiute,
quando vemio vemio
si fece vistìo del fircolìo chiumoso
degli igioli di sale.
serpitante malgevole,
matergiava cerbiolìe
in masti damonio,
e chicciritanti
s'abbiuma nel vormìo,
lungo ferviezze notturne.
durante il fiscìo di ritulle
si salseggiava
nel culmato giro di riefite,
come in un campo di miutole,
e si vedeva la zaccera
che piccia piccia surchiava
nella mitaccia blu,
come cieli acunei, blumini.
su quegli alberi miutavano
asservie refìule,
davanti a un sole torcio,
fermiglio, caldesio,
e la luna sommiava
con pigizia malvelosa,
un pò poiosa.
lei,
facecca, tipacchiava
in modo chieccolo chieccolo
vicino al nonnolo verde,
e rifliggiava barbierìe sfiate,
ma con mallìe di polcinesio.
solo convieletto,
alietto mietto,
s'imbiutte nel derdietto,
e nel fiuge riverge
un senso di gistolìo.
sonzo e risonza,
si imbiuma corvitante in cerchio,
e si giumìa con amorbia passione.
nelle notti giuschie
segue una tirazza molvia,
una caremmia di noccole,
una mulmia di garenzio,
vicino al miugolo favulo
con profumo di amargenia,
davanti, lì o poco più.
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Una lingua mai studiata sui libri di scuola, ma che incuriosisce non poco.

il 28/09/2020 alle 15:55

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il 28/09/2020 alle 21:58