Lo strambo ride ignudo
davanti ad una folla.
la gente strilla fatuità
davanti ad un burrone.
fanciulli sghignazzano
davanti ai propri padri.
l’infelice gratta le unghie
su un muro rovinato.
l’alienato batte le mani
divertito, in solitudine.
c’è chi perisce e chi invece
è appena proliferato.
chi fende ogni freno
e chi si contiene, frustrato.
chi congegna ponti
e chi invece una zattera.
chi si annulla totalmente
davanti al sorgere di un sole,
e chi finge di venerarlo.
sino ad una fine insussistente.
una mano si muove rapida
su un foglio mal ridotto;
segue lo slittamento del sole,
volendo emulare il suo ardore.
una mano è flessa a pregare
affinché possa anch’essa
foggiarne qualcosa d’assoluto.
una mano cessa di muoversi,
è inappagata dall’impossibilità
d’attribuire significato alla sua vita.
le stelle osservano i poeti
in cerca di lusinghe.
i poeti contemplano le stelle
in preda a dare vita ai loro sogni.
le mie mani cercano le tue
in balia del gelo invernale.
gli occhi di un anziano
si smorzano irrimediabilmente.
quelli di un bambino corrono
e percorrono strade sconosciute.
il buio soffoca i miei sogni
ed io vago in cerca di risposte.
esco di casa come lo strambo,
ignudo e senza alcun preavviso.
l’esistenzialismo è la filosofia
dei malati del vivere.
non sento più alcun violino
gemere in questa lotta soffocata.
la nostra sinfonia senza nome
è forse morta, o s’è annullata.
la notte non mi dona più alcun
silenzio assordante, medico,
e l’alba non costituisce più
la rinascita di questo mio corpo.
la folla strilla a ritmo del nulla,
e la gente rinchiusa nelle camere
della mia stessa anima declassata,
continua la sua illogica danza
indipendente dal ritmo della mia.
sono solo un’anima generale.
i miei manoscritti sono stati bruciati,
le ceneri appartengono a questa terra;
preclusi dai confronti, e forse ancora,
dagli stupori e dalle infatuazioni.
cosa mi è rimasto di questo fardello
che la mia mente ha generato?
solo brandelli impercettibili.
anche il mio calore s’è trasmutato
in energia fioca, invisibilmente
impalpabile dal mio reame inanimato.
un solo crescendo,
stupendamente avventato.
i resti di una notte senza luna,
e di un oblio senza buio.
di un vuoto d’assenza;
la nebulosa di quest’anima inquieta.
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