Crescesti con me,
fra scherzi fraterni,
tigrotto giocoso e iracondo,
dagli artigli da sempre affilati,
ricordo,
teneri gli occhi da cucciolo,
ingenui i pensieri sul mondo,
attraverso il mio sguardo,
anche esso ancora inesperto,
appena intravisto.
Dissolta si è ormai
la memoria di quei giorni lontani,
vano indagare calore o tenerezza
nei gelidi occhi della tigre adulta,
persino quando impassibili si posano
sulla salma che fu nostra madre,
la quale nei sogni,
muta,
mi conduce al tuo cospetto,
indicando chiaramente,
con la desolazione nello sguardo,
la creatura sostituitasi al bambino
che dolcemente
cullò fra le sue braccia un tempo,
quasi sperasse da me,
così povero, futile, superficiale,
fanciullo egoista nello spirito,
a dismisura cresciuto
nel corpo e nelle membra,
il miracolo di sciogliere
il ghiaccio che serra il cuore
di colui che ha rinnegato il proprio sangue,
malgrado i suoi occhi
abbiano attinto
la struggente tenerezza,
di fioca tristezza
appena velata,
nelle stanche pupille,
così prossime al buio perpetuo.