Sono dalla tua parte,
donna afghana,
corro in tuo aiuto,
perché mi è giunto al cuore
l’eco di un pianto muto;
all’altra metà del cielo
fosti un dì paragonata
ma ora la tua fronte
da nere nubi è velata.
i tuoi occhi d’ebano
nessuno osi ammirare,
la pelle d’alabastro
nessuno può toccare.
sei rosa profumata
nel giardino di un uomo prigioniera
mentre vagheggi un sogno
che ancora non si avvera.
libertà è il nome di quel sogno
eredità dell’Unico Dio Immortale,
ma il burqa ha il peso di catene
che ancora t’impedisce di volare.
ma tu volare puoi, donna afgana,
se tu, con altre donne in un sol grido,
leverete alta la voce e al mondo intero,
denuncerete unite l’oppressione,
strappandovi dal volto il nero velo.
8 marzo 1997
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