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Utente eliminato
Pubblicata il 21/01/2020
Sanguina
la fragile cicatrice sull'anima inquieta,
all'aspro rimorso
del tristo giorno
in cui,
la mia fertile, infantile immaginazione
estese miseri sogni da poco,
fallaci miraggi nel deserto dello spirito,
oltre l'orizzonte temporale
del dolce, splendido, vivente affresco,
ai miei occhi,
di sublime colore avidi,
con infinito amore dipinto,
lungo la costante simbiosi terrena,
dal tratto struggente
della mia povera madre,
di cui mai,
prima di allora,
avevo concepito la fredda assenza
dall'insopprimibile speranza,
del miracolo della vita che verrà,
forse per ingannare il dolore
dell'evidenza ormai incalzante,
del declino fisico e mentale,
occultando tuttavia,
ottusamente nell'animo,
la consapevolezza di smarrire,
insieme a lei,
forse senza ritorno,
la languida luce del sole,
di cui mai avevo conosciuto privazione,
né potuto sperimentare
il terribile vuoto nel cuore,
invece di sospendere il più possibile
lo scorrere della clessidra del suo tramonto,
assaporando tanto intensamente
quel che restava del giorno,
da arricchire,
attimo dopo attimo,
il mio debole spirito,
di un'inestimabile tesoro
di immagini, parole, espressioni,
cui attingere
nella stagione del gelido buio,
tale da addolcire e vivificare
per i giorni a venire,
ogni peso del tempo passato,
ogni persistente malinconia,
nella tormentosa veglia,
nel sonno pietoso.

Marcisce un seme
nella mia misera anima,
quando concedo un obolo
ai vinti dalla vita,
invigliacchito dal terrore
della malattia e della morte,
o rincuorato dal sollievo
di fuggirle temporaneamente,
quando il mio sguardo è rapito
dall'incanto della muliebre bellezza,
posseduto dal Demone
della turpe lussuria,
anziché da pura, limpida gioia,
quando si scioglie il mio cuore
all'irresistibile, tenero miagolio dei gatti,
nell'ampio giardino
adiacente la mia casa,
e contemporaneamente,
è trafitto dal vile, straziante, ipocrita dolore,
di chi,
spezzato nel fisico e nel morale,
mai più rivivrà
la meravigliosa incoscienza,
l'entusiasmo, la leggerezza,
di adottare e amare un cucciolo,
nel proprio cupo, vuoto nido,
in cui si specchia nell'intima tristezza.
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