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Pubblicata il 25/09/2019
locus amoenus

un giorno sprofondai
nella tristezza
come il sole nell'orizzonte.
ardevo, Ardevo come
quella schifosa palla
infuocata ma ero piccolo
come il pallone ingenuo
di un bimbo che cade
in un fosso o un fiumiciattolo.
rincorrevo uno scoiattolo
come un sogno
evanescente al mattino ...
cercavo solo di capire,
cercavo di capire
cosa voglia dire
morire ed amare,
amare da morire
e morire per amore,
questa frasi tanto
stolte quanto essenziali,
queste parole dolci
e fatali, al contempo.
ed io ero giovane
e forte come un pino
rigoglioso, ancora
non spezzato dalle tempeste
e dagli inverni.
ancora non capivo,
non capivo nulla della vita
e della gita in questo corpo,
di quanto fosse caro
questo affitto
con il suo prezzo
di dolore e di malinconia,
con il suo prezzo di follia,
disperazione ed orrore.
e correvo nei prati,
calpestando i fiori
ed ammazzando
le formiche, le lucertole
e i vermi, ridevo
delle bettole dove vedevo
gli adulti rantolare
come macchine ingolfate,
per dimenticare rate,
bollette e puttanate varie.
ed ero così immensamente
felice della mia infelicità,
e non sapevo cosa fosse:
la tosse della sigaretta
di mio padre, il canto
del gallo e l'erba tenera
che brillava di rugiada.
e mia madre, dolce
come la luna,
nelle notti mi cullava
fra due nuvole,
ed a volte penzolavo
dal cielo come un fulmine.
ed al culmine, al culmine
del desiderio e dell'estasi,
potevo anche credere
che Dio esistesse,
potevo anche credere
che Cristo fosse
morto per me,
fosse risorto per me
dal sepolcro polveroso
come in un film,
come in una strana fiaba
o nel teatro di Mario,
e che il sudario
fosse un magico sipario.
e i venti di notte
risuonavano nel buio
come flauti di un'orchestra,
e la maestra era una cattiva
strega da beffeggiare
e da fuggire,
per non morire nei suoi
noiosi insegnamenti.
ed i tormenti erano
il non avere una brioche,
un abbraccio o il bacio
di una dolce bimba,
il cacio nella pasta
o la mela che brillava
di tedio e salute.
e mute mai furono
le stelle, mai!
anche nei guai
e nelle angosce,
non dovevo inabissarmi
fra le cosce di una donna
per dimenticare,
mi bastava guardare
la vastità del cielo
mentre mia zia
mi indicava l'Orsa Maggiore
e l'Orsa minore,
mentre l'odore del latte
sì emanava per la stanza
e la danza nel mio stomaco
attendeva solamente i biscotti.
ancora non comprendevo
il dolore di Salieri
o di Tasso, Majakovskij,
baudelaire, Hoffman
o Molière ...
ancora non comprendevo
come sussurri dolcemente
una pistola nel cassetto
quando il letto
sembra una dolce bara
dove trovare la cara assenza,
l'essenza di questo caos
imperscrutabile,
l'essenza di questo
silenzio metafisico.
non comprendevo
ancora il dolore
del mare, che onda
dopo onda le amare
giornate spazza
col loro tedio,
non comprendevo
il dolore di una tazza
fracassata sul terreno,
che nessuno avrà cura
di ricomporre,
da solo di buttare.
non comprendevo
il dolore del vento.
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Intensa ma troppo lunga

il 25/09/2019 alle 19:26