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Pubblicata il 11/07/2019
E, quando il mio tempo sarà avaro di raccolti,
me ne verrò, come viandante,
tra i tuoi filari, o terra.

me ne starò pensosa sulle tue rovine,
come dinanzi a vetuste cattedrali disertate dalle rondini.
piangerò sulle tue radici, propaggini d'abbandoni:
raccoglierò i pampini superstiti,
come guerrieri che tornano sconfitti da impari battaglie.

e, forse, udrò ancora il canto delle vendemmiatrici
spargere armonia tra i vigneti,
e voci e risate riudrò salire verso le mute colline,
che un giorno profumarono di timo e di mortella.

come vecchi turiboli arrugginiti,
spanderanno incenso i miei ricordi:
forse udrò ancora mio padre,
chiamare per nome ogni ceppo,
e trionfante donarmi il primo grappolo
che tagliava il traguardo contro il sole.

e, forse, vedrò ancora mia madre,
coi capelli serrati in ruvide guardiole di cotone,
trattenere rivoli di sudore
pregno di fatica e dignitoso lavoro
quando, con acque di sorgenti avìte,
in calici di mani innocenti dissetava arsure.

allora cercherò un appiglio per non cadere:
mi smarrirò in un dedalo di ricordi,
troppo dolci, troppo amari,
troppo presenti,
per definirli "passato"
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Una memoria che si fa futuro attraverso vita e natura. Per me è molto bella.

il 11/07/2019 alle 15:49

SugarGarden93, ho radici contadine...sono fatta di terra e di mare, troverai questi elementi in tutte le mie poesie. Grazie per il commento.

il 11/07/2019 alle 22:18

Grazie per il tuo apprezzamento, Eriot.

il 11/07/2019 alle 22:19