rime A cazzo
a te, che vuoi provare
il sentire di un poeta,
che vuoi modellare
la creta del mio spirito
con le tue mani
dolci e delicate,
che non hanno
mai sfiorato merda,
neanche per pulirti
il culo.
a te, che vorresti
sentire il mare
che ti si smuove
dentro nei suoi uragani
ma che non senti altro
che un piccolo sciacquone
che vorticoso
porta nelle fogne
la tua urina.
a te, che divina,
nel tuo ampolloso
incedere, vuoi far credere
di essere speciale,
come se caduta
dalla tua astrale
dimora fossi a noi
venuta, bellezza
irraggiungibile.
a te, regalo questa
pezza con sopra
qualche verso
e qualche rima fumosa,
questa pezza bucata
dalla cenere di una sigaretta,
sporca di scarpetta
nel pomodoro
e di vino rupestre,
ricordo del campestre
idillio dove ti ho scopato
la prima volta
approfittando della tua
ubriacatura.
e lo so
che leggendo questa
poesia rimarrai
nobilmente scandalizzata
dal mio linguaggio gretto,
onesto e leggero.
e so che citeresti
antichi latini o greci,
ricordando la purezza
della forma dei loro testi,
la solennità dei loro versi;
ma anche a Orazio
e Catullo giravano
i coglioni, forse a Catullo
un po’ di più.
e non me ne frega
più un cazzo della gente,
io scrivo per me,
egoisticamente per me:
la poesia è diventata
uno specchio
dove mi vedo
più scarnito, più stanco
e svogliato,
annoiato dall'uomo,
galvanizzato dai buchi neri,
dai blazar e dalle tempeste
elettromagnetiche;
vorrei morire e rinascere fulmine,
un neutrino in un fascio di luce,
una truce valanga
che svanga il presuntuoso
alpinista a caccia di adrenalina.
a noi uomini non basta
mai chi siamo,
cerchiamo sempre di più,
un tocco in più di colore
sul quadro,
una forchettata di più
nel piatto di spaghetti …
anche se siamo sazi,
solo per ingordigia.
e non sopportiamo
una giornata grigia,
cascasse il sole.
ognuno abbia
ciò che vuole,
mia brillante duchessa;
l'ubriacone la bottiglia,
il drogato la siringa,
il credente la sua Croce,
il suo Corano o il Gonzo ...
lascio all'uomo il suo culmine.
ma io, io vorrei rinascere
fulmine vibrante
nella tempesta,
goccia d'oceano
che si frantuma
sugli scogli
schiumante di rabbia
e potenza, veemenza
naturale.
vorrei rinascere pugnale,
per esser estratto dalla guaina
e conficcarmi come un dente
di lupo nelle viscere
di un condannato.
vorrei essere un fiato
o un violino pronto
a suonare Mozart,
pronto a vibrare
nell'aria sciabolando
come una spada
brillante e invincibile.
c'è chi cerca
gloria eterna e fama,
c'è chi cerca denaro
o un rogo d'amore,
nella maledetta Poesia ...
ma io cerco solo un sfogo,
uno sfogo per questo tormento
che mi porto dentro,
fastidioso come una mosca
e doloroso come un pugno
nello stomaco.
non cerco la Tosca
o il Macbeth,
non cerco l'Everest,
la catechesi del verso ...
quindi non rompere
i coglioni e prendi
queste rime a cazzo.
lascio all’uomo il suo culmine,
lascio all’uomo i versi
di seta e le strofe di velluto,
ovunque egli si perda,
in un anacoluto
o in una dieta di parole,
e mi tengo la mia
merda.