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Pubblicata il 14/05/2019
Quale rivelazione al fine potrebbe dispiegarsi redentiva, verità ultima ad intima salvezza se non fosse che la mente stessa ha per amante segreto il desiderio e per compagno l’illusione, figlio illegittimo della ragione? La vita insegna dunque a diffidare sempre e comunque dell’altrui argomentazione tanto quanto del proprio ardimento, come quando da bambino si corre felici, ignari di voler sapere dove si va a finire, fino a quando giunti davanti a l’uscio chiuso dell’ignoto, si desidera conoscere il colore dell’arcobaleno remoto in un cuore rappacificato dal terrore. Non resta altro che recarsi ai margini della ferita, l’angosciosa dama da l’aria diffidente e pettinarle i giorni nel dolore, nella fede illusoria che la liberazione dalla mente possa perseguire i dettami dell’essere e iniziare a ridipingere la vita con i colori della malinconia rubata a bocci di fantasia fino a poterne ammirare la fioritura intimidita emergere piano alla luce del sogno, nel accecante sole della beatitudine. Saprebbe riconciliare l’anima a l’essere, il matrimonio tra cuore e mente? La vera libertà è dunque essere liberi da sé stessi, nella verità d’essere altro da sé, diverso da quel che si ritiene essere, al di là e oltre lo specchio dell’alterità. Vivere non è forse capire quanto sia ingannevole l’idea di poter giungere alla verità assoluta, a l’immagine assoluta, un po’ come credere di forgiare una lama col sole di settembre, credendo che il desiderio sia di per sé appagante e risolutivo, credendo nel suo invito, nel puerile tentativo di obliare la paura e vivere in questa malsana attitudine alla forma, ad una qualsivoglia perfezione ingannevole e mistificatrice, costretti ad essere anima rivestita di pelle soggetta a l’incuria del tempo, costretti ad essere pensiero in un corpo che invecchia e non riconosce l’eternità dell’anima! E come se questo bastasse, o meglio come se nulla bastasse, esser costretti a vedere queste parole tenute per mano, crescere fino a divenire adulte, emancipate alla paura di tacere e osservarle in silenzio mentre prendono il volo e tu resti a guardarle nell’abbandono annunciato, in un addio non più appartenuto né appartenente…
il respiro accompagna il fascino della pioggia battente, il vento urla battendo i pugni contro i vetri per divenire a tratti valzer cadenzato dai rami innamorati e tremuli tanto belli da spingere ad amare il vento che annuncia il temporale incombente. Un uccellino solitario canta spavaldo, richiama l’attenzione, annuncia la sua presenza staccandosi dal ramo, facendosi largo tra un tuono e l’altro! Quanta bellezza, quanta innocenza nel suo planare basso su un prato rosso papavero!
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piacevole lettura.....

il 15/05/2019 alle 08:00

Riflessioni sulla vita molto apprezzate!

il 15/05/2019 alle 08:17

Gentilissime grazie del tempo dedicato!

il 15/05/2019 alle 10:52