-Pareva esilio di verso
serbato fuso di lieve arresto
posa apparsa improvviso eco
ritroso ad elsa sul muro
altera, devota fiamma
rosso oro primavera.
-Spiritelli di sole coloravano il suolo
e cicala assonnata tuffatasi rogo
a brama di ritrovarsi incanto,
appariva isola sul rovo.
-Nudo l’amore ritrasse l’anima
ad intingere preghiere,
sortilegio pacato nel sospeso
muta danza di speranza
canticchiando antichi voti
dolci stornelli al tempo d’invito
sensi e accenti a giostra
aerei spilli, flussi lenti.
-La solitudine amava il silenzio
a specchio trapassando l’anima
dall’immagine al sono
deformato pensiero dismesso
libero ordito di follia sul dorso.
-Giocava la paura col timore d’altezza
non smise d’inseguire l’ironia
che con la morte in due
s’ergevano eterne montagne.
-Per farsi beffe l’una dell’altra
al passo fatale d’essere fossa
con su una scritta, stele di vanità
sul confine sottile dell’aldilà
intimo alla sacralità aurorale:
-Tu, Uomo sei solo!
-Accecato da tanto sgomento
ancora la memoria cerca il suo tempo
verità di cui necessita
quando l’assoluto l’ha già:
coscienza, identità
anima ad intima pietas.
-La vita è una, una soltanto,
che sia senza scampo!
-Vano, il credo ereditato
in vita si ritrova muto!
-Tale l’implacabile monito
di questo misero canto!