Molti ci definirono mercenari
per aver annusato
solo per frazioni di attimo
lo zolfo che rado cade
come piombo fuso dal cielo.
In verità
ci rincorse solo la ventura,
cioè il destino, la sorte,
e l'avventura ci fu estranea
perchè mai ci identificammo
nel Grande Elettore di Sassonia,
non addestrato a distinguere
il coraggio dalla temerarietà.
Ci definirono poeti
ma i veri poeti sputano per terra
al passaggio di un gobbo,
di un tredici o di un ubriaco,
e noi non accarezzammo
mai gibbi nè gobbe
e non odiammo la fine della giornata.
Non aprimmo mai porte o finestre
per stordirci alla luce.
Nel tardo pomeriggio della vita
ci giunse notizia di un essere
che nuotava nella creta
e si credeva eretto.
Lo custodimmo sino al tempo
in cui fu abile anche con le giostre
e forgiò monili di conchiglie
per le nostre donne.
Ci propose la sapienza
ma noi, coscienti di non sentire,
gli regalammo solo un branco di lupi
custodi di una doppia luna,
che lasciammo ululare
nel deserto di Giuda.