La cilindrata della Guzzi era piccola. Credo non andasse oltre i 50, V50 dicevi, sella corta dicevi. Avresti voluto la Gilera, ma fu una buona occasione quel Dingo. Rossa, bassa, robusta; quasi come te. E telai e mozzi e motore che respira, mi dicevi. Ma io avevo sei anni e capelli mossi che volavano già alla partenza, paura e desiderio di scoprire la velocità e mostrare di non aver paura. Altro non capivo, né mi interessava capire, legata come una piovra alle tue spalle. Una farfalla che flette seguendo ogni curva, dicevi invece tu, una piuma che non si oppone ma agevola la naturale gravità e no, non capivo, ma ero in sella con te. Arrivavo a scuola, mi lasciavi poco distante dal patio e non ti ho mai raccontato di quella scottatura sull'interno della gamba, tu ne avevi almeno quattro, due belle grosse e scure. Potevo sopportare benissimo anche io. E la sopportai con cura, nascondendola a chi la moto non l'amava.
rimase per anni nella stalla che un tempo fu dei maiali, quel tuo rosso amore, lì terminò il suo tempo e ora che guardo il tuo petto immobile, sento un dolore vivo sul polpaccio e ti vedo andare via, curvando sul patio della scuola. La mano alzata in segno di saluto e un sorriso non ancora celato sotto il casco del futuro. Tornerai a prendermi papà e come allora dirai soltanto" andiamo piccolina, si parte".
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