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Pubblicata il 28/07/2018
Il ticchettio dell'ore sobbalza nel petto,
tetro sonetto
a mezzanotte
quando l'ombre,
folte,
lunghe bare vanno a scurire ogni strada
ed ogni mare,
nubi uccidono di stelle il luccichio.

in quell'aurora si levano coperchi,
di tombe senza nome.

fanno a pezzi zolle di terra
dita esangui, lunghe, troppo bianche!

ribolle il vetro di provette
di scenziati pieni d' intelletto
ma privi d'umano scrupolo amorevole.
fautori di elisir del sonno eterno,
creatori di polveri magiche,
allucinanti sostanze.

s'ode un gatto scivolare oltre le tegole,
sorretto dagli artigli,
fiero nell'inseguire spettri,
nell'agguantar le dissolvenze macabre,
immortali,
dell'abito di tenebre della sua padrona.

ferma dopo il volo,
si siede a riposare su di un nebbioso ammasso,
prossimo al novilunio,
oscura l'astro.
ha riposta la sua falce in mezzo al cielo
che non cade,
per prendere in suo posto tra le braccia,
il fedele felino silente.

il manico ebanoso
della scure
indistinto mostra solo la lama che regge
come mezzaluna argentea di lassù.

unica luce a frammentare tanta oscurità
dopo pochi attimi
scoperta dal lungo manto nero della creatura che li l'ha posata.

nella mezzanotte non ha trovato pace,
intanto che all'esterno tutto è illune
e la terra, tace.

lei di lassù osserva da iraconde scaglie,
incastonate al posto d'occhi,
oblique, luminescenti,
l'essere lontano addormentato nella casa
attraverso la finstrella oblunga,
arcuata.

attende ore per discendere,
troppe di certo,
saranno già le quattro e mezzo
ma non brillio solare infrange ancor il vetro aperto.
posa il felino e scivola giù dal tetto,
al davanzale adesso,
allunga il braccio niveo oltre quel marmo.

lui proprio non l'aspetta
ancora non è vecchio,
ha tutta la salute,
non ha alcuna convinzione
di non rialzarsi tra un paio d'ore
ma intanto quello spettro
infonde nella stanza la sua marcia esalazione.

striscia attraverso l'infisso,
assottigliando, allungando quel collo
come serpente,
così disteso e sottile regge il capo del mostro
in un modo sorprendente.

il dormiente ne sa la presenza,
ne avverte il peso sul petto,
il cuore chiede aria ma è senza.
la strega artiglia il braccio e il polso,
chiude le labbra del morente
nel bacio putrescente.
sapore dolciastroe marcio
se non vi sarà grido non vi sarà soccorso.

e gli occhi vedono fuliggine,
dolore intenso, disuguale,
pescara è una vertigine
oltre il suo davanzale.

e di lontano arriva quel canto,
invita il Dio Sole e ne stende gli arazzi,
intessuti di colorate luci,
ricamati a toni pazzi,
sopra ogni tetto,
riscalda ogni letto.

si hanno fatto a tempo,
a tempo all'ospedale,
il gallo e la sirena,
han rimesso agli inferi il fantasma,
l'infarto e il suo miasma.
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Merita questo componimento un bel commento. Oggi ho letto lo scarabeo d'oro qui è più profondo e non ha lo stesso sfondo. Complimenti.

il 31/07/2018 alle 22:04

Bellissimo complimento... Anche se non merita tanto. Grazie.

il 01/08/2018 alle 18:33