Lode a esser deve al faticar e al creare
e mai selvaggio urlo che l’uomo abbia a prostrare
qual indegnità, qual vigliacca nefandezza
è ‘l non poterlo svolger in esaustiva sicurezza.
lavoro lavoro di dignità decoro
tra fauci assassine di qualche imprenditore
‘l profumo perdi qual stuprato alloro
quando della sua indifferenza subisci ‘l rumore.
e da carezzevol complice orco perfido ti trovi
che tra infuocate labbra laboriose vite inghiotte
e poi le traccia del sangue innocente rimuovi
con il sarcastico sogghigno di chi s’en fotte.
dentr’ a tornii incastrati, o da colate travolti
da acidi violentati o in precipizio da cantieri
lor giovine vita lascian e familiari sconvolti
a percorrer in lacrime e solitudine i sentieri.
tutto a evaporar va in proclami e agitazioni sindacali
in politici rigurgiti e afflati di ipocrisia
su cadaveri di uomini che davver eran speciali
e del quotidian sacrificio disegnavan la poesia.
ergesi all’orizzonte un silenzio ch’anela a farsi preghiera
che mai su alcun operaio più scender debba la sera
in color di colpevolmente incalcolato annientamento
di chi nel portar a casa il pane metteva il sentimento.
signore di ogni impiego e ogni occupazione
bussa dunque al cuor di chi d’una fabbrica è padrone
e fa’ che quell’impegnarsi ogni dì da pericoli sia alieno
e risplender possa qual cielo terso e assai sereno.