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Pubblicata il 23/02/2018
Questi vaporetti di cielo
che offuscano in crocchi
la poca luce dei miei occhi
sembrano a tratti un velo
ammantato d'un tempo scorso
che si ritrae contorto in strie.
Scorre su vuote stringhe
ed aborrisce l'orizzonte,
ne rifiuta l'evento,
languisce al fischio del tordo.
Inavvertite tracce di rune
nell'archivio della memoria
concertano l'antico cantico
di lunghe ombre serotine
che a tratti paiono orme
d'avi sconosciuti e mai risorti
affacciati alla veranda
di flussi in controcorrente.
Nella gazzarra delle ore
tutto poi si riconduce all'alvo
dove trova deposito
la mia tazza di latte rancido
ed un altro giorno ha termine
annegato nel biscotto.
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Poco ordinario, Ancient, questo tuo verdeggiare, anzi molto personale e originale, specie nella chiusa sibillina in cui riconduci la lettura che nella scelta del lessico e della forma, era volata alta, ad una ordinaria pioppetta...

il 24/02/2018 alle 06:13

Il contrasto Zardoz, il contrasto... la sublimazione che subisce, suo malgrado, le leggi spietate della fisiologia!

il 24/02/2018 alle 11:31

Uno scorcio della vita di questo vero poeta. Ci concede di sbirciare nelle sue stanze dalle quali osserva l'esterno quotidiano e si comprende come il suo occhio grave poi possa guardare l'orizzonte storico, anche se lo aborrisce. Ne è attratto e non si può esimere dal cantarlo con le sue rune.

il 26/02/2018 alle 15:38

Grazie molte Mariano, ma forse stai eccedendo nell'apprezzamento. Come recitava lo strampalato Messia del film "Totò che visse due volte", di Ciprì e Maresco, "ogni tanto me n'arriesce uno (si riferiva ai miracoli).

il 26/02/2018 alle 16:27