Morire continuamente
mentre si è vivi
e lo scrivere come medicina
a un folle male
che divora dall'interno
la poesia domatrice
dell'anima chiusa in gabbia
può tenere a bada gli assalti
della belva interiore
che morde famelica i giorni
ma non le spunta i denti
mai abbastanza
la ferita perenne nella carne
reclama la sua presenza costante
ogni volta su lembi lesi di pelle,
unico pallido rifugio tra i cuscini
una stesa nera d'inchiostro
poi un giorno un sonno di fumo
nella tana di un garage
la tomba d'ogni futuro rifugio
e sapere che in realtà
la fine era lì fin dall'inizio
pensieri leggendo Anne Sexton