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Pubblicata il 05/09/2017
Lo sguardo lungamente
mi allietava
con la sua forma pura
e i gesti di natura,
con l’ombra e la frescura
il sopore della mente
sotto inazzurrato cielo o cinerino
il pino,dal bosco qui riposto
nel cementato posto
come nuvola in agosto.
teneramente accosto al gesto
umano senza garbo
che l’offende, il verbo.

al primo taglio sento
un sordido lamento
che s’ode come nelle sere
di grandine delle primavere.
distesa sulla terra la tua chioma
non v’é creatura che conforta l’amarezza
se non gialla farfalla nella sua bellezza
che svolazzando chiama
sulle tue verdi spoglie chi ti ama.

addio splendido approdo
di tordo e di ricordo
del rauco canto di cicala
dove rondine s’invola
dove la serpe scivola
leggera
dal tronco nell’aiuola,
dove la viola
sotto tua folta chioma
crescea sicura e ora
ignudo trema,
solingo l’acero scontento
ad ogni palpito di vento.
.

dalla curva collina
come brezza marina
s’avverte un mormorio
d’aria, fugace.
adesso tutto tace
sembra regnar la pace.
la vista ormai si perde
nei segni lungo i muri
nella realtà in frantumi
nel colore dei fumi
che sale dalle ciminiere
e si confonde
con nuvole vagabonde
su nel cielo
insieme al volo
come del vento l’onde
delle capinere.

colgo nella tua assenza
un desiderio e un’impotenza
forse un tempo sospeso
come un filo proteso
tra un passato incombente
e un indecifrabile presente .

a te che giaci ormai su-pino
io faccio omaggio
di queste mie parole
nel terzo dì di maggio
dell’anno del Signore 2017,
o pino.
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