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fax
Pubblicata il 17/03/2017
Tu che scendi i gradini della notte,
già conosci la strada
che farà di te un ricordo...
e le parole marceranno, lievi e feroci,
sulle dune del tempo,
per accendere i silenzi dei condannati alla vita...
come memoria di stella feconda
che nei colori della distruzione
scorge i frutti del suo abbandono...
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Già la l'intitolazione è evocativa. La Supernova, la stella che non c'è più e la cui luce giunge ancora a noi e a quelli che ci seguiranno, forse per secoli. Vi è un'ambivalenza nel soggetto descritto e non necessariamente è l'astro esploso nella sua luce candidissima, potrebbe essere il narratore stesso o un altro soggetto evocato dalle note ascendenti. Oppure è la morte fatale che ci connota dalla nascita, è la nostra necessità di farci udire consci della fatalità? L'ambivalenza è uno dei registri più pregnanti delle scritture. Mi sovviene Borges quando afferma che è per puro caso che egli sia il narratore e noi i lettori in nome dell'arte che vuol sempre irrealtà visibili. Molto bella.

il 06/12/2017 alle 19:12
fax

Mi affascina molto la storia delle stelle, specie di quelle di grande massa che alla fine della loro sequenza ordinaria di vita rifulgono come meravigliose supernove lasciandosi dietro stelle di neutroni o singolarità spaziotemporali. Ed è sorprendente come questa brillante uscita di scena sia accompagnata da una vera e propria fecondazione dello spazio con quegli elementi che sono alla base della nostra stessa vita. Si, nella poesia c'è un'ambivalenza di fondo, volevo parlare della nostra vita, della continuità misteriosa ed elegante che pervade il cosmo e, di conseguenza, anche noi. Il cielo ha tanto da insegnarci, dominato da un rumore di fondo che ha il suono della speranza. Grazie mille dell'apprezzamento. Fabrizio

il 06/12/2017 alle 23:25