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Pubblicata il 25/09/2016
Ho letto il tuo nome
sui muri del baratro, negli archi di luce
nei mattini insanguinati, dentro occhi gettati in mare
verso l’alba dell’anno settantamila.
il tuo nome
appeso per la vertigine
ripetuto all’infinito prima di morire,
sepolto accanto all’inverosimile.
quel tuo nome
inventato per sorridere, cacciato dal paradiso
per fare del bene e ricostruito a forma
di cuore innevato.
ho dato il tuo nome
alla roccia, alla stella, alla storia mai raccontata,
ai giorni, alle ore, ai gesti dove maledetta cade la solitudine,
ai venti, al pane dell’amicizia.
mai questo tuo nome
perderò di vista, o dimenticherò, o seppellirò,
o pronuncerò in vano.
il tuo nome
il mio sonno eterno, il bacio desiderato,
l’abbraccio voluto, lo sconforto sconfitto.
quel nome
è una spiaggia deserta
è una riga di pianto
è un passo che inseguo
è un seno scolpito
è un quadro riprodotto.
bello il tuo nome
come la pace, un ginepro, un’acacia,
un sentiero di betulle, l’abete in giardino,
le gambe che hai.
lungo il tuo nome
come un rosario laico
come le ali che si aprono
come il fiume che porti
come il desiderio marchiato da lingue di fuoco.
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woooow

il 25/09/2016 alle 22:16

Un modo diverso dal tuo solito questo, di vergare i versi, ma vi trovo la medesima sospensione l'afflato indefinibile e la tensione della significazione, lasci sempre, poeticamente parlando il cerino in mano all'ultimo, al lettore...sergio

il 26/09/2016 alle 05:44

Grazie

il 28/09/2016 alle 17:20