tornavo alla città sozza dalla simbolica Sirolo del mio animo
quando mi fermai a contemplare una specie di enorme celenterato cosmico
galleggiare fosforescente sopra il porto d'Ancona
stringendo nella mano la plastica sudaticcia
d'un bicchiere di spritz mi accorsi che quel goffo
e immane cugino di Chthulhu (spero di aver messo
tutte l'acca al posto giusto, o il prof. Cantoni
mi bastona), mi resi conto del suo sfintere orale
e di una tenue lallazione che attraversava il cielo
in pratica egli cercava di parlare.
allora ne approfittai per allacciare una conversazione
l'entità oltremondane vischiose di bava parendomi
comunque più interessanti delle persone
gli raccomandai di correre in libreria e comprare
l'ultima fatica di Lorenzo Mari, quel libro sugli ornitorinchi
gli chiesi se per caso da quelle parti aveva visto John Genzale
o il suo amico Nolan, le due persone meglio vestite
nella storia del rock'n'roll,
infine gli declamai alcuni passi scelti
dai libri del presunto genio Andrea G. Pinketts
poiché i suoi tratti facciali un poco me lo ricordavano.
non è che posso dire che rispose: mugugnò
qualcosa che fece abortire le vacche
e crepò le campane delle chiese.
ma penso che un'intesa magra, un sodalizio sordo
si sia allacciato fra di noi quel giorno.
tornai a casa in taxi, ero così sconvolto
che anziché sedermi dietro mi posi a fianco del taxista
il quale ebbe la compiacenza di non farmelo osservare.
poi a casa mi son scolato un bicchier di succo
concentrato di sambuco
e ho scritto questa poesia d'immerda.