PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 05/07/2016
Lento questo tempo a trascorrere,
ma sgranato, come fosse una corona
di noccioli di pesca, dopo, a rincorrerlo
quando ne è passato del tempo, dell'attesa
non resta che quel vago sentore di nostalgia
quell'amaricante elisir del fiato muto
mille interrogativi giungono smaniosi all'orecchio
assordato da quel silenzio che gracchia
come fà uno stagno d'agosto
mani disegnano l’aria per allontanare i pensieri bui
come a scacciare le zanzare nella canicola
arrivata anzitempo in questo preludio di equinozio,
perchè la primavera volta le pagine
e lo fa indipendentemente
che noi si sia pronti a seguirla,
e questo è il bello e il brutto ad un tempo
il tempo che marca i suoi diritti,
a noi solo accettarlo o l'esserne nostro
malgrado complici.

saronno, 22 marzo 2012
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Molto bella, un senso del tempo della vita quasi in condizione di "lookink and staring" e magnifica chiusa! Un caro saluto! Ax

il 05/07/2016 alle 09:04

Piaciuta e molto. Chissà perchè, rileggendola più volte mi è venuto in mente Cechov e la sua commedia "Il Gabbiamo"....sarà il raccontare del tempo, il poetare sulle cose......Un abbraccio

il 05/07/2016 alle 17:16

Grazie Ax per avere apprezzato questi versi datati, ma che hanno voluto prendere da soli a via..sergio

il 10/07/2016 alle 05:59

Interessante , Brassens, il richiamo al Gabbiano di Cecov, che hai ravvisato, il tempo ed il fluire delle cose accarezzare dalle parole, gli avvenimenti che si susseguono in una apparente superficiale trama, mentre per primo Stanislavskij, si immerge nella tragicità della parola vivificandola intimamente....Grazie

il 10/07/2016 alle 06:20

Io non so se tu, Riccardo, hai mai giocato al gioco dei cinque noccioli, quello in cui se ne lancia in alto uno e si raccolgono gli altri prima uno a uno poi due a due sino a doverli raccogliere poi tutti insieme, noi nei meriggi d'estate interminabili silenziosi e pieni di una noia operosa, ci giocavamo all'ombra di una pergola o negli androni più freschi delle abitazioni, poi quei noccioli a volte li sfregavamo contro il muro ruvido e ne tiravamo fuori delle gemme che fingevamo preziose o ne limavamo le estremità per farne un buco che permettesse il passaggio dello spago...Noccioli di pesca, probabilmente anche Faber ha passato quei pomeriggi smaniosi d'afa e di giovanilità...Contrariamente a quanto pensi però questi versi non sono stati scritti di getto, ma come gli ossi di pesca limati e tondati qua e la...le sgrammaticature che avverti fanno parte della prima stesura, ed o dovuto violentarmi per lasciarle lì, come le circonvoluzioni più profonde dei noccioli che non venivano via limandole, ma gli davano poi quella preziosità unica, l'uno dall'altro...Grazie per le tue parole Riccardo, sempre gradite e preziose. sergio

il 10/07/2016 alle 06:33

La poesia, Gail, ha il merito di non lasciare che la polvere del tempo la mortifichi, questi versi erano li che occhieggiavano, lo so solamente io quante volte apro quei cassetti e con la carta vetro del disincanto o ella nostalgia o della speranza, smusso levigo cambio liscio increspo parole che non hanno ancora il vagito d'essere versi, nel mio universo mondo, poi una mattina accade, e quello che dapprima non era in grado di avere gamba e garretto per trova il suo perchè e recide il cordone del sacco che lo imbriglia. Sono esattamente gli stessi noccioli che lanciavo per aria e raccoglievo uno ad no, due a due tre a tre, e poi tutti insieme, senza farne cadere nessuno, altrimenti di deve riiniziare, uno a uno due a due.. Grazie Gail per il tuo gradito passaggio..

il 12/07/2016 alle 06:06