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Pubblicata il 03/07/2016
Niun grano morde il sole
senza fame
e si attorciglia al vento
come lame
or’umile stendardo
al brulicar del sale.
conobbe la natura
e il suo diverso,
l’apologia del senso
a chi l’ha perso.
e mosse foglia
e fece pane.
e mosse vita
e fece speme.
com’altra foggia intrisa
del suo parto
com’altra luna al cielo
del deserto.
in sé l’orma
imperscrutabile
e muta
e vinta
< dal vagheggio inosservato degli uomini >
di un dipinto carnale
prosaico e fecondo.
dell’armonia del mondo
che prova
< incompresa >
a nutrirsi della sua
< vilipesa >
acqua di cova.
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