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Pubblicata il 16/06/2016
Arpeggia il verde chiomato del pino
un ti amo alla mimosa e un lieve inchino
fasciano sospiri sui tetti festosi.
L’aria si solleva zefiro in tiepido afflato
tra filari di mirto e cespugli di ginestra.
Quanta delicatezza, quanta purezza una rosa
piange prima della sua fine
agli occhi del divino la sua breve promessa.
Sinuosa saluta il campanile una rondinella
adagio il volo conquista la sosta
la sua croce in cerca d’una fugace mensa.
Ha dita nodose il tempo danzante
mutevole primavera smorfiosa
volubile tramuta tocchi di lampi rosacei
in torpori gementi, rossori di memorie d’amore
sussurranti antiche storie di labbra devote.
Curva morbida la collina sul passo roccioso
e fiordalisi d’azzurro pallido
imitano il cielo spiccando il volo
in desideri addolciti e decori di trame,
opulente sintesi di fugaci bellezze
liquidi accordi allo stato puro,
devozioni romantiche.
Ha occhi pietosi l’uomo al sacro suo grembo
spirito amato figlio di ventre squarciato
dal sonno in delirio e dal suo folle gesto,
lui che ospite sul pianeta celeste
febbrile suddito cieco non riconosce
la fragilità della gloriosa,
l’amata madre umana,
la nostra terra.
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La prima parte evoca forti sensazioni pittoriche rinascimentali, la seconda diventa sacrale e volutamente criptica, ancora... Splendida!

il 16/06/2016 alle 17:40

Axel che dire di tutto questa stima per la mia poesia!? Le dai un sospiro di sollievo, lo stesso che io ipercritica le sottraggo! Grazie infinite di vero cuore!

il 16/06/2016 alle 22:38