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Pubblicata il 12/05/2015
La dolce mestizia corteggia l’eco al vasto
lenzuola di carezze gementi all’uscio del sogno
colata di fiori in perpetuo smarrimento
sull’infinito mio tempo affranto di corpo
narici di vento sulle punte dei pensieri
istigano il cuore a creder di poter sospendere
il vibrato in trecce di rintocchi di vellutato gaio
covo allagato di poesia, versi ammantati d’aurora
creando attese plasmate di bianchi gigli
tenere gaiezze al casto timido sepolcro
reinventato sacro fino a raggiungere l’afflato
conquistata rupe di memorie
e da lì spiccare il volo dispiegando intarsi
di visionaria follia vivi di crescente fonte d’estasi
al limite della meraviglia, incontro di creazione
come mani di vasaio su opere d’argilla
riflessi destati da forme d’anima in stallo
luce risorta in potenza d’io a duetto di morte.
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