Signore e padrone
sei della sabbia
arido deserto
da secoli e secoli
trattengo il fiato
porgendo per dote
l’altra guancia e sorrisi
lo so
sono carne bianca
che sfama angosce e viltà
leggera da digerire
senza sangue
ci si nutre di me
se lo beve da sempre
la sorte
per quanto tempo ancora
saprò mascherare
unghie e occhi?
non ho più posto
dietro le ciglia
del pianto
per nascondere te
e questi lembi di pelle
strappati all’orgoglio
di camaleontica
memoria