Udii i passi felpati del destino
avvicinarsi a me lentamente
come l'incedere di un carceriere
che veglia l'isolamento del tempo recluso
udii i gemiti del tuo cuore smarrito
dopo frammenti di pallido sole
che illudono finestre ancora aperte
sul mondo dipinto da un pittore cieco
annusai il ricordo della terra bagnata
dopo l'energico pianto di nuvole furtive
che evocano la nostalgia di un amico scomparso
in punta di piedi in un giorno esecrato
vidi nei dintorni del mio cervello stralunato
un'orda di rimorsi accatastarsi alla rinfusa
come un branco di cani randagi ululanti
che frantumano il silenzio della notte statica
toccai la grazia della mia ombra defilata
con la mano ferita che si spalancava lieve
come anima aperta nel chiarore assoluto
di quelle stagioni accumulate dai bambini
assaporai la malinconia di un lecito desiderio
condannando il sentimento a spirare per sempre
tra il disincanto di una vita mai realmente compresa
e davanti allo specchio cui appare un insolubile enigma
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