viottoli segnati da sassolini grigi,
lapidi ingiallite dal tempo.
i fiori di carta
sembrano appassire solitari
nella cadenza dei giorni.
mi aggiro pensosa
tra quei letti di morte,
vado cercando curiosa
i volti di mia fanciullezza,
od altri che prematuri
han solcato i cieli
lasciando noi increduli
a piangere e ricordare
qui sulla terra.
rivedo l’amico di liete serate
trascorse a gridare sull’aia
la gioia per il nuovo raccolto,
o il vecchio nonno,
che ascolta rapito le mie poesie
che io, attrice per gioco,
recito per lui
allo scoppiettare di monachine in volo
nel camino di casa campana.
la nonna paziente
nei miei capricci di bimba
o intemperanze di adolescente.
e’ lì che lava alle fonti,
che coccola gialli pulcini,
che sorride alle prime piantine dell’orto.
che bello quel tempo che ansiosa
correvo nell’attesa di un futuro da grande,
quando impaziente fremevo alla vita
consumando ogni attimo
mai sazia di ciò che mi stava donando.
quando l’amore faceva capolino dalle prime ginestre,
e rubava la fame e la sete
perché bastava un sorriso, una stretta di mano
per aver la testa, lo stomaco ed il cuore
ripieni di estasiata magia.
il sole di ottobre mi scalda la schiena
ed il petto che palpita un poco più in fretta
per ritrovato incantesimo di un ieri,
che segna copioso il mio oggi.
un passerotto cinguetta al mio fianco,
mi sveglia dal nostalgico sogno
di squarci di vita trascorsi,
saltella, zampetta, mi osserva,
mi invita ad alzare lo sguardo al mio ora,
a piroettare con lui
per ciò che la vita avrà ancora da dare,
gustando le briciole o i pani dorati
già in forno, fumanti, pronti per me.
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