E’ dalla violenza sull’innocente il tonante
schiaffo che trattiene il carnale affranto
pianto d’infantile tempio lacero di scempio.
chiusi un attimo gli occhi all’ascolto
temendo fosse voragine d’incredulo scorcio
ma si insinuò in me esalato il commiato
il dolore negato fino a farne un orco
come a rapire i colori della morte al fiato
e la corda di un Golgota scolpito eco
e fu tutto d’un sorso che bevvi l’albore
carne viva immanente altrove
col reflusso melmoso di un aborto
d’amore in strana forma nel vivere cavo
a piedi scalzi nel sole con il nero in seno
strinsi l’innocenza al grembo, il figlio al credo
nell’essere altera carezza d’angusto cielo
e risalii l’anima fino all’invisibile cima
la via gremita d’universo a china.
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