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Pubblicata il 23/11/2013
s’adagia sull’espressione mimica
raffreddando i muscoli ancora caldi
nelle motivazioni dell’ultimo vivere.
copre di buio o di bianco l’ultimo movimento
dacché cromatiche sensazioni rinnegano
il polimorfismo dell’eccentrico spettro
affogandolo nella monocromia inconscia di sé.
si gelano i sentimenti nell’immoto sentire
confondendosi nel biancore di occhi
illuminati dal buio d’una ubriaca assente percezione
che vaneggia nella sbiadita incertezza
che forse qualcosa di terribile accadrà
ma in realtà è già accaduta...
improvvisa
o lenta
scontata
o imprevedibile...
il collo non regge la testa inclinandosi
retrostante...
che mi frega del vivere,
pensateci voi
sembra dire quella bocca
aprendosi dissennatamente
attraverso una finestra
tra le cui ante non sibila più
il vento tragico o comico della vita.
sta lì quel velo...
il velo della morte
forse sordo ai lamenti d’intorno
forse acuta antenna per assenti lamenti
forse piscina lacrimosa
forse arida desolazione
forse maschera picaresca d’un triste vivere
forse grottesca fisionomia d’un dissennato tempo.
si rincorrono le stagioni
e le temperature del tempo
fredde o calde
estendono o comprimono
il cronologico dispiegarsi della morte,
ma entrambe s’annichiliscono
nel tessuto del tuo velo,
morte che passi
e passando vai sul tuo cammino
fotografando con l’autoscatto
l’ultimo tuo passo fatale.
quel velo coprirà ogni volto
per pudore e per educazione
forse per celare una scontata tristezza
o forse per schiudere una luce
che inaspettata
brillerà di nuovo
su occhi troppo presto
creduti spenti.
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Carinamente pensata e scritta, bravo Francesco!

il 24/11/2013 alle 01:32