L’aveva tanto amato
appassionatamente
con la forza d’una sinfonia,
teneramente come un neonato
con il piacere della nostalgia.
l’abiezione mista alla paura
con dolore intimo e raccolto
ogni fantasia sopportato
con l’illusione che un di, mutato,
l’avrebbe ancora e tanto amato.
ma propese per lenire il danno.
un giorno caricò la delusione,
amarezza, scontento, disinganno,
disagio, tristezza e frustrazione,
e lontano traslocò l‘affanno.
lui non si curò giacché l’amava,
di certo a modo suo senza calore,
ché della forma lui non si curava.
musica suonò di cuori infranti
canzoni che slegavano catene
lavavano le pene e le paure,
anche se sentiva soffocare.
definì così con sue misure
ch’amare fosse solo soddisfare;
di dosso si scrollò d’ogni rimpianto,
scordò bassezze, voglie e le brutture
che da sempre l’avevano distinto
e solo restò nel suo recinto,
segnando senza amore la sua sorte
certamente peggiore della morte.
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