Non è poesia dannata
per i prati, resoconti di passaggi
a vuoto e tremori sbucciati.
e' la lisca che mai hai
raccolto, inerte nel bagliore
di un fregio ammainato.
fra bendaggi e garofani
spenti, il solco leonino di
quanti hanno amato e perduto,
si mescola all'agave degli
intessuti miraggi.
per quello che vale, piove
ancora sulla lira scordata,
sul capitello orlato di fresco,
di smielati e succinti
copricapi.
continuo a fremere
sulle grotte dei gufi,
tra gli stendardi annacquati
della sera, volto alle placche
di una luna troppa assente,
per tenerne il ciglio unito.