(lettera dall'Isola che non c'è)
ho apparecchiato la tavola per due.
che sciocca!
al posto della forchetta
ho preso la penna
forse volevo scriverti il menù
o forse perché lì imbandita a festa
tra champagne e tiramisù
a me è passato l'appetito.
ho messo il rossetto, Vacca boia!
sulla bocca di rosa
un vestito nero e tacchi a spillo.
che stupida!
non sembro nemmeno io
davanti allo specchio
così sciolgo subito i capelli sulla schiena
e rimango svestita e nuda
a riflettere mille immagini rotte.
ho perso il filo del discorso.
che folle!
sarà che rimasta senz'anima
le parole vacillano
viaggiando nell'etere
alla ricerca delle loro compagne.
ho spento la luce.
che idiota!
ho paura del buio
e me ne ero proprio dimenticata
che stanotte avrei dormito da sola.
queste ottuse fobie
per questa indole mia
indefessa
indomabile
irriverente
sono proprio una gran seccatura.
ho bussato alla porta sbagliata
mi ha aperto
la verità penitente
celata da una maschera
con la mia faccia.
che matta!
avevo dimenticato
quanto sono indegna dell'Amore.
"chi vuol dire quel che sente
non sa quel che deve dire.
parla: sembra mentire...
tace: sembra dimenticare..."
"ma non sapevo che nascere folle,
aprire le zolle
potesse scatenar tempesta.
così Proserpina lieve
vede piovere sulle erbe,
sui grossi frumenti gentili
e piange sempre la sera.
forse è la sua preghiera."
"non c'è peggior
silenzio
di quello scaturito
dalle proprie scelte!"
(con i versi meravigliosi dei poeti del mio cuore che accolgono le mie stupide parole).