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Pubblicata il 28/09/2012
Ho visto milioni di genti
appropinquarsi all'uscita d'un viottolo nero
il cui futuro era incerto e le svolte infiniti vuoti.
Un'orda sbeffeggiante di capre allo sbando,
un guazzabbuglio di pensieri distorti,
un infinito pianto arrancante all'asfalto.

Erano volti di ossuta anzianità
erano visi di obesa maturità
erano facce di dissacrata castità
erano maschere della più cruda realtà.
Ammassate in vie senza luce calpestando
la vita nuova, l'anima nuova, la mente nuova.

E delle disgrazie incolpavano invisibili presenze
troppo lontane per essere vere
troppo vicine per essere finte.
Incolpavano l'occhio sovraumano che tutto mira
e nulla compie se non il ciclo scientifico degli astri.

Ma non c'è malvagità nell'inesistenza della vita;
E' dell'uomo l'avido sguardo che s'alza il mattino,
dell'uomo il malvagio sorriso,
dell'uomo il malvagio cammino,
dell'uomo il malvagio destino.
E' dell'uomo il suo stesso disfacimento.

Cupio dissolvi,
l'inno dell'umanità forgiata dal male.
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