quando arrivò al pomeriggio nacque
un riflesso pieno di capelli
la pelle impanata a rosso ma blu
intossicato da scorie materne ansiolitiche
testò il primo pianto
si ripulì dalle sue corde verginee un suono ancestrale
nacque virgola instancabile
un punto nero su un palmo di naso terrestre
travolse i primi anni
come flutti acerbi di salato cullare
non parlò ne camminò
fino a che non seppe vibrare
si accostò ad una infanzia cimiteriale
stabilì l'importanza del silenzio
dietro ad una rupe di veleno
una porta un muro ricordò
si contorse dentro ad una adolescenza mostruosa
con lo spavento dal retro di ogni vetrina
tacque il brusio del pensiero
costantemente, di getto
il lardo sotto le sue orecchie
la parola zoppicante fuggita in pause immonde
prolasso denso
offuscamento, mosca bianca il responso
Agli albori del suo centramento
mutò feccia in oro nero
sbeccò ogni angolo per sapersi vero:
lavico, selvatico, libertario
Ad oggi vive
ad oggi ruggisce
ad oggi decide
ad oggi vive di oggi.
Quando andrà sarà un dito medio.
(il titolo di sta' roba qua è preso in prestito da un estratto de “I Fiumi”
di Giuseppe Ungaretti, immagino il maestro riposare tra due nubi di parole salve)