PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 27/09/2002
Vagai nelle sponde estreme
tra giorni luminosi
e notti di geni malvagi.
Ho compreso il senso
delle nostre diversità:
siamo simili
cosi simili
che mi è estraneo
questo malanno
questa fame dolorosa.
Che tristezza
questi occhi brevi
che pena
queste bocca ingorde:
ho accarezzato gli infiniti volti
ed ogni sempre un dolore
una spina invisibile nel cuore.
No,non voglio piangere
su questa miseria umana
nè esser causa di voi divenire
Sarà il vento a scuotere
senza disprezzo
i vostri cuori diversi.
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Ognuno di noi deve imparare a conquistare la propria solitudine,la solitudine non è qualcosa da evitare,in questa nostra civiltà è da ricercare e viverla pienamente.Come si può amare se non si da spazio ad essa?Grazie ancora Ily

il 27/09/2002 alle 17:28

Quando scrivi queste poesie posso solo capire dai tuoi versi quanto tu abbia soffertro

il 27/09/2002 alle 20:09

Cara Ester,io non ho sofferto molto,nel senso che ho sempre reagito alla sofferenza cercando di coglierne il messaggio.Vedi,un sordo non può sapere cosè il silenzio,visto che non ha mai sentito il baccano.La felicità non può esistere senza la sofferenza.La sofferenza è una occasione per migliorarsi per comprendere dove stiamo sbagliando.La meta non è la felicità,la meta è per me la beatitudine e non ci vuole molto di materiale per essere beati.Un abbraccio forte Malcom

il 27/09/2002 alle 23:34

La nostra meta dovrebbe essere vivere intensamente sia il dolore sia la felicità che la vita stessa ci offre...e non possiamo fare nulla per gli altri se loro stessi non raggiungono la consapevolezza di questo e si ostinano a ricercare una felicità "finale" che non esiste...
La tua poesia mi ha fatto riflettere. Molto bella :-)
Ciao niki

il 28/09/2002 alle 12:11

Grazie Niki,sono felice di quello che dici.Certo bisogna non fuggire dalla vita ma comprenderla,questa si è la cosa più ardua.Ciao Malcom

il 28/09/2002 alle 20:08