Poltrisci lì incollato al materasso
appesantito e gonfio come un asso
di denari, spennato, ancora tronfio
delle varie spavalderie di ieri,
quando ti guizza fuori tra i pensieri
- sorpassa anche lo sfizio della pizza
grassa cottoeformaggio e uccide il vizio
di vegetare sotto le coperte
a gambe aperte fino a mezzogiorno -
un impellente allarme proprio intorno
alla vescica, un carme fisiologico,
e mandi al diavolo la tua nemica
pensando "cavolo, sono uno straccio,
che faccio, la deposito sul letto?"
Non sarebbe corretto né elegante
ma la testa è pesante e le altre membra
ti snobbano, i neuroni fanno festa
col lercio panno delle rimembranze
di una serata e notte tutta danze
e di infinite lotte col cervello
per spegnerlo (martello di un Negroni!)
e le emozioni ruotano furiose,
le liturgiche pose, il rosso caldo,
ma devi alzarti, devi stare saldo
coi tuoi ragionamenti - bevi troppo! -
arrivano al galoppo anche gli avanzi
della cena, dei pranzi, gli altri scarti,
devi alzarti, Simone, devi alzarti
sei stato peggio, impara la lezione
fai pace col solfeggio della diuresi
e vai al bagno, sbronzo di Riace
se non vuoi una coperta presto stagno
di pesto intestinale, adesso guardati
maiale antropomorfo, sei un infermo,
o forse neanche questo, no stai fermo
se non fai centro al cesto sporcherai
il pavimento, attento, mira dentro,
ti reggi in piedi a stento, io non spiego
perché fraseggi tanto e poi consumi
le tue ore affogando nei costumi
coi quali graffi un nome al malumore,
la vita non ha un come, stai morendo
la spina del destino già si avvita
più in fondo nella carne, l'intestino
si srotola, un pitone moribondo,
tritone che si strozza col tritolo,
vomiti sempre inconsistente bolo
e indegnamente nell'ultimo amplesso
che ti tramuta in tenia di te stesso
capisci non puoi chiedere venia
e strisci schiavo della tua natura
pregando che sia breve la tortura
e sciolga il tuo dolore come neve.

(Il nome Simone è da riferirsi a uno pseudonimo che usavo tanto, tanto tempo fa..)