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Pubblicata il 02/09/2010
L’edificio parrocchiale all’interno del quale vengono celebrate le messe, somministrati i sacramenti e i locali presso i quali vengono impartiti gli insegnamenti evangelici, le sale dove si svolgono le attività ricreative e caritatevoli, costituiscono per molti fedeli “la chiesa”. Ma cos’è la chiesa? E’ possibile che la chiesa sia effettivamente e nient’altro che il luogo dove si svolgono le funzioni religiose?
Nella lingua greca “ekklesia” vuol dire convocare, risulta dunque evidente che il significato più coerente della parola greca è “assemblea” “convocazione”cioè: la comunità dei fedeli che si raduna. Ma perché scomodarsi per raggiungere la chiesa (nel Concilio Vaticano II, la parrocchia è stata definita come la chiesa locale) mentre si potrebbe ascoltare la messa standosene seduti comodamente a casa davanti alla tivù, oppure collegandosi ad internet e a colpi di click, approfondire le conoscenze culturali sui molteplici aspetti della fede,e magari, partecipare presso una delle tante comunità virtuale per verificare lo stato delle conoscenze acquisite?
Perché la Chiesa non assegna lo stesso valore religioso alla preghiera individuale compiuta nei luoghi privati, come ad esempio la propria abitazione, mentre obbliga ai credenti la partecipazione alla messa nei luoghi di culto? Che differenza c’è pregare dentro una chiesa e pregare da soli dentro un giardino? Possibile che Dio faccia delle preferenze? Sappiamo che le ostie consacrate, una volta offerte a Dio, attraverso l’azione dello Spirito Santo diventano il Corpo e il Sangue di Cristo. E sull’altare il sacerdote rievoca e rinnova il sacrificio di Gesù sulla croce e che l’eucarestia è il mezzo che i fedeli hanno per entrare in comunione con Dio e pregustare i suoi beni.
Questa dinamica non si compie con la preghiera individuale, specie se quest’ ultima non è adempiuta in un luogo consacrato. La chiesa è dunque la casa aperta ed è al servizio di tutti. “La fontana del villaggio” alla quale tutti ricorrono per la loro sete come diceva papa Giovanni XXIII, o una rete di persone legate tra di loro dal bene, dalla carità e nello Spirito di Cristo. Ma nella realtà, come stanno le cose? La comunità di San Giustino quanto è “cummunus” e quanto è *****-moenio? Nella parrocchia c’è una reale condivisione dei beni e dei talenti, oppure è un arroccamento a difesa dei nemici? Qual’ è il valore che diamo alle attività organizzate dal nostro gruppo, e, quale, invece, il significato che conferiamo alle iniziative sostenute dalla comunità?
Forse la formulazione e la somministrazione di un questionario distribuito a campione, potrebbe fornirci gli elementi necessari per comprendere la mentalità e le abitudini dei parrocchiani in relazione all’età, al livello culturale, alla tipologia del lavoro, al numero dei componenti del nucleo familiare e al grado delle aspettative personali, ma un quadro generale e meno particolareggiato della situazione è già stato acquisito dai sacerdoti e dal parroco uscente. Ma se volessi chiedermi: Fabio, cos’è per te la comunità? Che relazione hai stabilito con i parrocchiani? Beh, allora uscirebbe un ritratto inedito di me stesso!
Dovrei riconoscere nella mia più profonda intimità che non tutto l’amore che offro è puro, disinteressato, caritatevole. Dovrei confessare che la disponibilità all’ascolto che molti mi riconoscono, non è una qualità tanto spontanea, in quanto l’intenzione di mantenere accesa l’amicizia è il contraltare alla pesantezza dei sfoghi e delle delusioni raccolte. Dovrei spiegare quanto il mio gruppo di appartenenza colmi il mio senso di solitudine interiore e dell’entusiasmo col quale partecipo alle iniziative promosse dal mio gruppo, specie se il sottoscritto è parte interessata. Cosa che non avviene, quando le iniziative sono organizzate dal parroco per conto della parrocchia.
Allora, i sentimenti di disinteresse e di estraneità, prendono inesorabilmente il sopravvento. Non so se il mio è un caso unico, o se i comportamenti descritti siano più diffusi di quanto si pensi. Fatto sta, che se il dare ed il ricevere (anche se il ricevere è spesso in misura inferiore rispetto al dare) sono elementi connaturali all’uomo ed al senso della vita in generale, seppure la condizione ideale sarebbe quella di offrirsi disinteressatamente agli altri, senza attendersi il contraccambio.
Se un’azione, una manifestazione di affetto, o il servizio volontario nella parrocchia, sono compiuti con apparente disinteresse, nell’attimo in cui avvertiremo la sensazione di aver perduto qualcosa, o di aver subito un danno, significa che la nostra generosità non era piena, che era un atto egoistico, non dettato dall’amore caritatevole. Se il “dare ed il ricevere” soddisfano le attese di un non-cristiano, per il cristiano l’imperativo dovrebbe essere: dare, ricevere e ricambiare, affinché si compia nel mondo la volontà di Dio.
Eppure nonostante i nostri piccoli e grandi peccati, le nostre manie e i protagonismi frutto della nostra vanità, vedi Fabio Mancini che nonostante non sia completamente integrato nel tessuto comunitario, continua a scrivere gli articoli per la rivista parrocchiale, Dio ci ama al di là dei presunti meriti e al di sopra dei nostri limiti. E questo è straordinario! Come sono straordinarie le vite dei Santi che si sono lasciati contagiare dall’amore di Dio e i nostri martiri che si sono rifiutati di adorare gli dei pagani per rimanere fedeli all’unico vero Dio!
E se domani alla nostra comunità verrà imposto: la conversione volontaria all’Islam, oppure la morte! Noi cosa sceglieremo? Avremo la forza di seguire l’esempio di San Giustino Martire, oppure per avere la vita salva ci convertiremo all’Islam? Il sacrificio di San Giustino e dei suoi discepoli sta ad indicarci che la paroikìa (che in italiano diventa parrocchia) è per ciascun cristiano “l’abitazione provvisoria” in attesa del viaggio verso la vera patria, il Cielo. E come i sognatori, il cristiano cammina tra le nuvole … restando con i piedi per terra!
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Ho letto interessata la tua prosa sull'argomento chiesa e comunità dei cattolici.Mi sembra che molte domande siano fatte per risolvere alcuni dubbi personali.Sono daccordo in tutto quello che dici e che esponi molto bene,aggiungo,che CHIESA,più che l'edificio dovrebbe essere unione dei cristiani nella parecipazione del SACRIFICIO.Chiesa puo' essere anche sotto un albero,in un prato,in una stanza(una Santa Pasqua ero all'estero e non trovavo una chiesa chiesi informazioni, mi mandarono al primo piano di una casa,in una stanza si celebrava la S.Messa per gl'immigrati,e venni accolta come una sorella,è stato bellissimo e ricordo sempre quella Pasqua)Ormai i cattolici partecipano poco perchè confondono la nostra religione con i ministri,che non sempre danno il buon esempio e si creano una propria religione.Questo aspetto dei nostri tempi penso sia uno dei più disgreganti.Ci sarebbe troppo da parlare su questo tema.Grazie per questa bella relazione.Abbracci.

il 02/09/2010 alle 15:37

Ciao, Luce. Questa pubblicazione è nella realtà un articolo per la rivista parrocchiale, numero incentrato sul senso comunitario. Le domande elencate non sono dubbi personali, perché se lo fossero state non sarei stato così pronto nel trovare le risposte. Al contrario, le domande sono un modo per sostenere la curiosità e l'interesse del lettore, perché se non ci fossero, la lettura dell'articolo forse sarebbe piatta e priva di spunti riflessivi. Hai ragione riguardo al concetto di chiesa. Là dove due o più persone sono riunite nel nome di Cristo, là c'è la chiesa. Riguardo ai consacrati, piuttosto che parlare della loro coerenza rispetto al loro mandato, preferisco parlare di me stesso, delle mie mancanze, dei miei limiti e dei miei peccati. Essere un buon sacerdote è difficile quanto essere un buon cristiano. Sono d'accordo con te anche riguardo al tempo che stiamo vivendo: è un periodo disgregante e irrequieto. Che il Signore abbia pietà di noi. Un bacio, Fabio.

il 02/09/2010 alle 16:55

interessanti gli interrogativi che poni.Personalmente credo che pregare in chiesa o a csaa abbia lo stesso valore perchè considero la preghiera un mezzo per entrare in contatto col Signore attraverso un dialogo muto. La messa, il rito ,la preghiera corale in chiesa hanno sempre un potere distraente su di me e raramente mi sento in dialogo. Amo stare in chiesa quando è vuota, silenziosa e ci starei per ore perchè veramente sento la presenza di Dio più che a casa.Così spesso entro in chiesa mentre non c'è messa ed è una sensazione veramente appagante. Una volta entrai in una chiesa semivuota mentre in sottofondo si diffondevano i canti gregoriani: una sensazione che non dimenticherò mai! Restai più di due ore! E me ne andai solo perchè dovevo! Come restai in contemplazione del Cristo velato per un tempo lunghissimo avvertendo davvero la comunione con Dio.
Non so perchè non avverto mai la presenza di Dio durante lo svolgimento del rito della messa e tutto mi distrae.
Mi rendo conto di aver sviato dai tema che proponi e in linea teorica sono d'accordo con te ma in pratica...c'è troppo individualismo, i riti poi con quelle canzoni e musiche che a volte sembrano feste di piazza!
Dici saremmo pronti al martirio per Dio? Difficile rispondere e spero il Signore non mi sottoponga mai a questa prova...
le domande che poni sono ottimi spunti di riflessione e ti ringrazio di averli posti . Mi spingono a pensare su cose sulle quali non ci soffermiamo mai. Continua a pubblicare i tuoi interessantissimi articolo: mi fa piacere leggerli perchè mi spingono ad approfondire e chiarire con me stessa tante cose.
un abbraccio
eos

il 02/09/2010 alle 19:01

Anch'io, Eos, adoro il silenzio, specie quando scrivo, oppure quando prego, perché la quiete mi aiuta a concentrarmi ed a stare in intimità con me stesso. Anche a me piacciono i canti gregoriani, aggiungono alla preghiera tanta magia. Durante la messa cerco di concentrarmi al massimo e non sono molto amabile verso coloro che in chiesa hanno un contegno superficiale (non faccio nulla, ma sento salire dentro di me la rabbia e spesso sono tentato di rimproverarli). Sant'Agostino diceva che chi canta prega due volte, quindi al di là della nostra preferenza, Dio preferisce la gioia, l'allegrezza, lo slancio emotivo, piuttosto che la preghiera tradizionale, o silenziosa. In merito abbiamo le stesse preferenze. Riguardo al martirio, tutti ne abbiamo paura, i Santi però ne hanno avuto da Dio la premonizione e sono stati confortati dal Signore nel momento della prova. Il nostro Dio non ci abbandona al nostro destino, ma ci accompagna per mano ... Un bacio, Fabio.

il 02/09/2010 alle 19:31

centro del mio interesse qui è la questione preghiera privata e comunitaria, io sono propensa a credere nell'accedere direttamente a Dio senza intermediari ma la mia prospettiva non conta, quello che m'ha impressionato è la passione che dimostri e la tua capacità di scrittura, bravo, rich

il 02/09/2010 alle 20:28

Ciao, Rich. Anch'io considero la preghiera individuale come uno strumento per acquisire la pace, la pazienza e la speranza che un Dio buono e misericordioso ami anche me. Nell'antico santuario del Divino Amore alle porte di Roma, le pareti della cappella sono tappezzate da foto e da ringraziamenti scritti da parte dei fedeli per le grazie ricevute, vere e proprie guarigioni prodigiose, avvenute grazie alla carbietà e all'insistenza di tanti fedeli, ma anche all'intervento misericordioso della Madonna, mediatrice tra Dio e gli uomini. Ma se devo dirti la verità, tutta intera e non solo una parte, dovrei dirti che quello che ho visto e udito durante le preghiere carismatiche sfiora l'incredibile. Persone "possedute" che al momento dell'elevazione eucaristica emettevano grida e suoni disumani, altre che cadevano nel riposo dello Spirito e poi le preghiere con suoni inesprimibili chiamato il linguaggio delle lingue e ancora ... guarigioni fisiche, testimonianze pubbliche. Insomma, l'idea che mi sono fatto è quella che il nostro Dio è un Dio che si commuove come un bambino se trova dalla nostra parte l'accoglienza, la passione, il convincimento personale. Grazie, Rich, per avermi dato la possibilità di potermi esprimere. Un abbraccio sincero. Fabio.

il 02/09/2010 alle 22:08

Caro Fabio,volevo ancora spiegarti che è lontana da me l'idea di criticare i sacerdoti, forse non mi sono spiegata bene.Molti cattolici trovano come scusa per il loro abbandono delle pratiche religiose,le mancanze dei sacerdoti ma evidentemente abbandonano la Chiesa per il loro comodo.Buona notte.

il 02/09/2010 alle 22:39

Grazie per la puntualizzazione. Non avevo compreso. Un bacio, Fabio.

il 02/09/2010 alle 22:46

Ero molto indeciso se commentarti...

Mia moglie ed io abbiamo vissuto per qualche anno
una vita comunitaria nel gruppo carismatico di
Gallarate. Alcuni del gruppo parlava le "lingue",
come spesso fanno i Pentecostali; ci sentivamo in
pace con Dio e con gli uomini...partecipavamo alle
preghiere di guarigione, che duravano, spesso,
intere giornate.
Poi nei nostri cuori, di mia moglie e mio e credo di
qualcun altro del gruppo, si spezzò qualcosa, si
aprirono gli occhi sulle ipocrisie del clero, e ci
allontanammo. La mia è solo una testimonianza
"leggera" volutamente...
La chiesa secolarizzata è INAFFIDABILE, ha perso
i carismi perché li ha insozzati tutti... spero che tu
possa sempre esprimerti così innocentemente...

il 03/09/2010 alle 10:00

Che io sappia il dono dei "carismi" non è un'escusiva della Chiesa cattolica, ma è un dono di Dio anche per la Chiesa evangelica. Il fatto che il Padre ami il corpo di Cristo (la Chiesa, appunto!) al di là delle barriere costruite dall'uomo, mi rassicura. Mi fa credere che il Signore è un Dio democratico e nemmeno integralista come delle volte può essere un fedele convinto. Forse sarebbe il caso di riconoscere a se stessi e alla propria coscienza (Wictor Hugo diceva che la coscienza è la voce di Dio, non la coscienza come la interpretano i buddisti!) che certe scelte fanno parte del proprio cammino interiore, scevre, libere ed autonome dai comportamenti degli altri. Affermare che si ha abbandonato un percorso spirituale, perché taluni (spero non tutti!) i responsabili non erano coerenti con gli insegnamenti evangelici, mi sembra scriteriato (non voglio usare la parola ipocrita, perché verso di te, mi sembrerebbe un azzzardo! Tuttavia mi sembra un affronto, un azzardo da parte tua giudicare senza freni e scrupolo alcuno la Chiesa di Cristo come inafffidabile e corrotta!) Al contrario del tuo atteggiamento critico e irriguardoso, spero che il tuo pensero sia inconsapevole per la gravità delle affermaazioni fatte, così da meritare il perdono del capo della Chiesa, Cristo Gesù. Non entro in merito alle tue credenze religiose, filosofiche e spirituali, perché il mio è un altro percorso, ma non critico, non diffamo e non disprezzo le tue scelte ed il tuo credo. Resta ... innocente, Discri! Fabio.

il 03/09/2010 alle 10:50

ho parlato della chiesa SECOLARIZZATA, non della
chiesa. non ho diffamato ma solo testimoniato la verità oggettiva di alcuni, molti, fatti.
non mi sono allontanato da Dio, mi sento molto più
cristiano lontano dal secolarismo di quella chiesa e
dentro la spiritualità del vedanta!

il 03/09/2010 alle 10:56

mi manca la parola per commentare questo tuo dialogo con Dio, sei unico Fabio credimi a profetizzare la parola di Dio,mi accodo a Eos che è una buona commentatrice.con te mi complimento, è un piacere per me leggerti.
Marygiò

il 03/09/2010 alle 11:51

Anche per me è un piacere leggere le tue poesie romantiche, passionali, sognanti! Buonagiornata, Mary! Menomalechecisei! Baciotto per te. Fabio.

il 03/09/2010 alle 12:19