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Pubblicata il 07/08/2009
Parole per mettere ordine o per lamentare
il disordine, per limitare il danno, ridurre
al minimo le perdite, dare
un senso a ciò che l’amo ha preso
e perso per avanzare nel deserto pianino
pianino e pensare a come l’oceano
sia un catino, una barchetta la carta,
il sole una vecchia indelebile macchia
che la terra ignara esattamente ricalca
matta, disperatissima, sotto l’occhio
vigile che la registra, fotogramma
per fotogramma, fino al dramma
finale, alla catarsi, all’epilogo
dell’egloga, a Titiro che si riposa
e a Melibeo che va a Roma e non sa per cosa
la folla plebea si ingrossa
la massa da risonanza
alla parola d’ordine, la grancassa diffonde
la notizia che il mare inizia a seccarsi
che i futuri guai sono sotto gli occhi
di tutti, che i bei tempi sono caduti,
che la Natura non ha dato i frutti
previsti ma solo tigna e - matrigna
che non indigna(degna) nessuno- lutto
poco stretto, visto che dal deserto
sorgono l’agave, l’oasi, la piramide,
la cattedrale, che dal male
può nascere la morale, che la lingua
si può risciacquare in chiare
fresche dolci acque o in lagreme
amare e, come si può immaginare, può cantare
la difficoltà del muto a dare
risposte a tutto.
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