Un albero a sicomoro nel giardino
guarda i due nudi tra le foglie strette.
È maestoso il ramo che li accoglie
ma non sorride ai nobili signori
pena il calore di giornate afose
dove l’ombrosa ora ei gli donò.
Non frutti, né fresche acque
Lenirono, quei giorni, ai corpi asciutti
Rivale dei siconi s’adombrò
-Gelosa malattia degli umani-
E tra le braccia, l’altre braccia giacque
fino a cibarsi e poi patir veleni
d’acido latte che munse dai sospiri
Ora che il corpo sopra il corpo sta
-d’esanime fattura fu prodotta-
quale vergogna diede l’onestà,
e quale angusta gogna
fece balzare il fio di questo amore?
Pietose mani a ricompor le membra
Unte di creme e vaporosi fumi
Rigidi ormai nell’eterna via
Ingiusta fine per colpa dei costumi
L’uno sorride e l’altra ancora sembra
E pregano congiunti un così sia
per prima volta nella morte uniti
piangono i figli in vita visti invisi
tanto i Montecchi quanto i Capuleti